Le diete fanno ingrassare: sembra impossibile, ma spesso l’obesità nasce o si aggrava a causa di una dieta dimagrante.

Questo paradosso è anche chiamato ‘dilemma della dieta di Bennett’ o ‘modello bio-psico-sociale‘ e nasce nel 1982 contrapponendosi al modello morale, che attribuisce all’obeso la totale responsabilità di non resistere alle tentazioni per mancanza di forza di volontà.
In realtà esistono numerose cause biologiche e ambientali che portano ad assumere una quantità eccessiva di cibo, e non possono essere contrastate solo con la forza di volontà.

Vediamo quali sono i passi successivi che determinano questo meccanismo paradossale e vediamo in che modo i motori dell’obesità intervengono nelle varie fasi, facendo riferimento allo schema riportato nell’immagine.

1) Tutto nasce dall’eccessivo desiderio di perdere peso, legato alla errata convinzione che questo risultato possa essere raggiunto in fretta e senza problemi. Questo modo errato di pensare è causato soprattutto dalla Diet Industry, la quale contribuisce a diffondere il messaggio che dimagrire sia una cosa semplice, ottenibile senza sforzi e in poco tempo.

2) Il desiderio di perdere peso conduce ad una restrizione alimentare prolungata, sostenuta dall’iniziale entusiasmo, che però determina un intenso senso di fame (fase della restrizione). Qui intervengono le cause biologiche: una restrizione prolungata di un qualcosa che ci fa stare bene (il mangiare) ci porta a desiserare sempre più quella cosa, soprattutto se l’individuo possiede una predisposizione ormonale che lo rende più sensibile a questi fenomeni.

3) A questo punto l’offerta continua di cibo alla quale siamo soggetti (uno dei ‘motori’ o cause sociali) mette a dura prova le capacità di resistenza dell’individuo, che trasgredisce. È la fase della disinibizione: il soggetto riceve stimoli a mangiare che non riesce più a sopportare e perde il controllo, mangiando molto più del suo fabbisogno naturale.

4) Questa trasgressione (SGARRO) viene vissuta in modo negativo con un senso di colpa e di vergogna, l’autostima e la fiducia in se stessi diminuisce e si determina una cascata di reazioni comportamentali e psicologiche che porta alla perdita totale di controllo. Il soggetto mangia molto poiché ha molta fame ed è psicologicamente incapace di dire basta e riacquista tutti i chili persi, spesso con gli interessi. Questo fenomeno è facilitato dal fatto che il soggetto è sicuramente in uno stato di metabolismo rallentato, conseguente alla restrizione calorica.

Il soggetto si troverà a questo punto in una situazione psicologica e fisica peggiore rispetto all’inizio della dieta, poiché ha acquistato peso invece di perderlo, abbassando ulteriormente il proprio livello di autostima. È chiaro che, al tentativo successivo di perdere peso, la situazione (specie quella psicologica) peggiorerà ulteriormente, e diventerà sempre più difficile da recuperare.
Restrizione – inibizione – disinibizione – restrizione – inibizione – disinibizione… È un circolo vizioso che si autoalimenta.
È per questo motivo che non è possibile trattare sovrappeso e obesità con la sola prescrizione di una dieta: solo il 10% dei soggetti ce la fa! Gli altri necessitano di una ristrutturazione cognitiva, attuabile con il supporto di uno Psicologo esperto in comportamento alimentare.

Il primo step senza dubbio consiste nel capire che, per dimagrire, non bastano dieta e forza di volontà, poiché i fattori bio-psico-sociali che spingono ad andare nella direzione opposta sono troppo potenti.

Fonte: William Bennett (1983), Dieter’s Dilemma: Eating Less and Weighing More, Basic Books

dott.ssa Federica Majore
Psicologa, Psicoterapeuta
psicoalimentare@gmail.com