La dipendenza da zucchero solitamente ci coglie in maniera subdola, quando siamo più fragili, magari dopo una lunga giornata di lavoro o quando ci sentiamo tristi, insoddisfatte o nervose. Stiamo parlando del “carb-craving” cioè del desiderio compulsivo di zucchero.
Del resto, gli zuccheri costituiscono il nostro primo cibo quando veniamo al mondo: che sia il latte della mamma o quello in polvere del biberon, per i primi mesi della nostra vita facciamo il pieno della dolce sostanza che si diffonde prima nella nostra bocca, poi nel sangue ed in tutte le cellule del corpo. Una dolcezza che ci fa sentire pieni, sazi ed amati. L’esperienza delle poppate dei primi mesi stabilisce in noi un’equivalenza fondamentale: assunzione di dolci = sensazione di pienezza; e la pienezza, per un bambino, è benessere, sicurezza e amore. Il nostro sistema nervoso impara così, fin dalla prima infanzia, ad associare il sapore e gli effetti degli zuccheri al senso di pienezza, di piacere, di rilassamento.
Tutte le ricerche svolte negli ultimi anni sono d’accordo nel ritenere che i meccanismi che si innescano quando abbiamo dipendenza da zucchero ricordano spesso le dipendenze da sostanze come droghe o alcol. Il neurotrasmettitore coinvolto in questi processi, infatti, è lo stesso: la dopamina. Essa compare ogni volta in cui ci sentiamo appagati ed attiva il circuito della ricompensa, della gratificazione.
Inoltre, introdurre cibi molto ricchi di zuccheri provoca un rilascio di insulina nel sangue da parte del pancreas. Poiché uno dei compiti dell’insulina è quello di regolare la serotonina, il cosiddetto ormone della felicità, è facile comprenderne la portata in termini di dipendenza emotiva.
Può dunque innestarsi una vera e propria dipendenza da zucchero, solitamente aggravata dalla presenza di problematiche di natura psicologica, verificandosi per la maggior parte dei casi in situazioni che smuovono fattori emotivi difficili da gestire. In questi casi, più mangiamo zuccheri e più ne vorremmo: il senso di appagamento immediato che proviamo introducendo determinati tipi di cibi, detti “comfort foods” è troppo forte per riuscire a “smettere”.
A livello metabolico, l’aumento improvviso e netto degli zuccheri nel sangue provoca un rilascio di insulina da parte del pancreas. Essa ha lo scopo di consentire il corretto assorbimento degli zuccheri da parte dei tessuti, in modo da far scendere la glicemia. Ma non solo: è anche responsabile della regolazione di un ormone che è la serotonina, cioè l’ormone del benessere. Ecco perché consumare cibi ricchi di zuccheri ci regala un’ immediata sensazione di piacere che, per contro, tende a durare molto poco. Di conseguenza, l’abbassarsi improvviso del livello di zuccheri nel sangue riaccende il desiderio di introdurne altri, avendo coinvolto anche il sistema limbico, la zona cerebrale implicata nell’ elaborazione delle sensazioni di benessere e appagamento.
Mentre il desiderio di dolci può essere considerato comune se saltuario e se vissuto con positività, esso può rivelarsi pericoloso nelle persone che soffrono in modo cronico di un vero e proprio carb-craving. In questi casi, infatti, nutrirsi in modo compulsivo di zuccheri appare come l’unica strada per poter avvertire una sensazione di sollievo dalle emozioni negative che stiamo sperimentando. Questo è vero in particolar modo tutti coloro che soffrono di disturbi dell’umore, come quelli dello spettro depressivo/ansioso.
E’ chiaro come, in questi casi, il carb-craving possa facilitare l’instaurarsi di dinamiche psicologiche e comportamentali particolari, che conducono ad un rapporto di schiavitù con il cibo, unica fonte di consolazione, ma anche di sensi di colpa e frustrazione. L’aumento di peso che normalmente ne consegue, più o meno ingente a seconda della gravità della dipendenza, può condurre la persona a decidere di sottoporsi a diete drastiche o semidigiuni, nella speranza di rimediare al danno fatto. Nella maggior parte dei casi, questa tipologia di diete su persone non solo non può funzionare, ma può contribuire all’ aggravarsi del problema, suscitando emozioni come il senso di privazione, il desiderio di trasgredire alle regole e, molto spesso, la distorsione cognitiva (ossia, un errore di pensiero) che “tanto non ce la farò mai a dimagrire, per cui tanto vale che mangi tutto quello che voglio”. L’alternarsi di restrizioni dietetiche più o meno rigide e di trasgressioni caloriche più o meno ingenti porta inevitabilmente con sé l’oscillazione continua del peso (sindrome dello yo-yo) ma anche un senso di fallimento perché ogni volta ci si ritrova al punto di partenza, senza aver risolto né l’emozione negativa alla base, né la dipendenza da zucchero.
Nei casi più gravi, l’esasperarsi di questi atteggiamenti può condurre allo sviluppo dei disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia, binge eating…).
COSE DA NON FARE SE SEI DIPENDENTE DALLO ZUCCHERO
- Seguire diete rigide iperproteiche o semidigiuni. Più la dieta è restrittiva, maggiormente crescerà il senso di fame. Se poi si sceglie una dieta del tutto priva di carboidrati, la necessità di gratificazione che già era in noi ben prima di iniziarla si amplificherà, spingendoci ad interrompere e tornare alle vecchie abitudini. Si, è proprio così: a volte stare a dieta può portarci a mangiare più di prima, per consolarci dalle eccessive restrizioni cui abbiamo deciso di sottoporci! Abbiamo dunque creato, senza volerlo, una condizione psicofisica peggiore. Psico perché ci sentiremo privi di forza di volontà, in colpa, senza speranza; fisica perché il corpo, prima deprivato e poi eccessivamente nutrito, si ribellerà squilibrando le funzioni metaboliche.
- Saltare i pasti. E’ solo un modo per arrivare più affamati a tavola, rischiando di innescare un senso di fame maggiore, un senso di sazietà che arriverà più lentamente ed un bisogno di “coccolarsi” per la difficile giornata trascorsa a digiuno. Insomma, nulla di più sbagliato.
- Colpevolizzarsi. Non solo è inutile, ma spesso dannoso. Perché poi, per consolarci dai sensi di colpa, finiamo per mangiare! Meglio lavorare sulla consapevolezza dei meccanismi che innescano questa dipendenza e contrastarla con il giusto atteggiamento mentale e comportamentale.
COME CAPIRE SE SONO DIPENDENTE DAGLI ZUCCHERI?
- Hai sempre voglia di dolci, anche quando sei sazio.
Una tantum può accadere, ma se sistematicamente desidero cibi ricchi di zuccheri e non riesco a farne a meno, probabilmente si è instaurata una forma di dipendenza da essi. Bisogno e desiderio non sono la stessa cosa: il desiderio può essere posticipato, il bisogno richiede una soddisfazione immediata ed è qui che la dipendenza si innesca prima e si instaura poi. - Se inizi a mangiare dolci, non riesci a fermarti.
Ti eri prefissata di prendere solo una fettina di dolce, ma hai finito per mangiarne 3. Se ti accorgi che non puoi fermarti, vuol dire che non c’è in quel momento una lucidità mentale ed emotiva, anzi: sei vittima del craving. Il desiderio spasmodico non sente ragioni, né motivazioni. A nulla vale imporselo prima: se lo inizio lo devo finire, se ne prendo uno poi non smetto più… Questo atteggiamento porta, nel tempo, non solo ad un inevitabile accumulo di peso corporeo, ma anche al rinforzo della dipendenza stessa a cui, ogni volta che facciamo così, diamo letteralmente da mangiare! - Provi senso di colpa non appena finisci di mangiare.
Ma sai già che ci ricascherai. Ti senti colpevole, sbagliato, frustrato. Pensi “non ne uscirò mai”, “non posso farne a meno”, “ne ho bisogno”, “smetto quando voglio, magari da lunedì”. Sono gli stessi meccanismi esistenti in ogni forma di dipendenza, inclusa la dipendenza da zucchero! - Cerchi giustificazioni per il tuo comportamento. “Oggi ero davvero molto stanca”, “mi sentivo sola”, “mi stavo annoiando”, “in fondo è solo una fetta, che sarà mai”. E ci ricaschi. Non sono pensieri razionali, sono scuse che ti racconti per rimanere nel circolo vizioso della dipendenza.
- Mangi spesso di nascosto, ad esempio di notte. Questo avviene quando temiamo il giudizio altrui e quando vogliamo sentirci “liberi” di mangiare quel che vogliamo. Peccato che il meccanismo che si instauri in questi casi sia l’esatto opposto della “libertà”, ma una vera e propria schiavitù.
- Non riesci a smettere, pur desiderando moltissimo e magari da lungo tempo di perdere peso ed avere uno stile di vita più sano.
STRATEGIE PSICOLOGICHE PER CONTRASTARE LA DIPENDENZA DA ZUCCHERO
- Individuare in modo preciso cosa mangi, tenendo un diario alimentare per almeno una settimana di seguito. Segnare per ogni pasto l’orario, il tipo di cibo introdotto ed il pensiero del momento. Questo ti aiuterà a sviluppare un atteggiamento “mindful”, ossia consapevole ed in netto contrasto con i meccanismi automatici delle dipendenze, che nel tempo governano e dirigono la tua mentalità ed i tuoi comportamenti, togliendoti la possibilità di scegliere. Essere mindful significa concentrarsi sul momento presente, senza giudicare, semplicemente notando cosa accade e prendendone atto. Il diario ci darà una fotografia dettagliata di tutto ciò che introduciamo nell’arco di una settimana, dandoci un riscontro visivo di tutti gli eccessi, di tutti i momenti in cui abbiamo perso il controllo o abbiamo cercato di restringere eccessivamente, dei pasti saltati, dei bis a tavola e così via.
- Lavorare sulle abitudini di cui si è ora consapevoli. Osservando il diario, cosa noto? Perché, ad esempio, la voglia di dolci si acutizza in determinati momenti della giornata? Come mi sento in quei momenti? Qual è l’emozione che accompagna il carb–craving? E, soprattutto, in quale altro modo posso imparare a gestirla, senza gettarmi sul frigorifero?
- Imparare a mangiare lentamente ed a gustare il cibo. Più mangio velocemente, più tardi arriva il senso di sazietà. Quindi rischio di introdurre quantitativi di cibo troppo elevati per il mio fabbisogno energetico. Questo è ancor più vero per i dolci che, per la loro eccezionalità, andrebbero degustati come un sommelier farebbe con un pregiato vino. Fai un esercizio di mindfulness: degusta il tuo cibo preferito! Scegli un momento di solitudine, spegni il cellulare, stacca la spina. Respira, inspira molto lentamente per 3 volte. Vivi appieno il momento a tu per tu con il cibo che ami. Impara ad apprezzarne il profumo, la forma, la consistenza. Toccalo, annusalo, osservalo. Descrivine, a voce alta, almeno 5 caratteristiche. Introducilo in bocca a piccoli bocconi. Fallo girare sul palato, sulla lingua a lungo, prima di ingoiarlo. Nota le sensazioni che provi: sei impaziente? Vorresti divorarlo in fretta? Provi frustrazione nell’assaporarlo lentamente? E’ lì la chiave del cambiamento. Spesso ingurgitiamo dolci senza nemmeno masticarli, senza pensare. E’ un’abitudine, un automatismo. Sarà importante iniziare a guardare ai dolci come a momenti di puro piacere (non di terribili sensi di colpa!) da assaporare una tantum e con tutti i sensi accesi, per non perdere neppure una stilla di quelle endorfine di cui tanto avvertiamo il bisogno.
- Impara a gestire lo stress. Se ti accorgi che sono le emozioni a spingerti a desiderare determinati tipi di cibi, individuale con chiarezza e stabilisci modalità più funzionali per affrontarle; ad esempio uscendo per una passeggiata all’ aperto, facendo un lungo bagno caldo e profumato, praticando attività come lo yoga o la meditazione, scegliendo un’attività a tuo piacimento che sia appagante, spezzando dunque la catena del bisogno di consolazione attraverso il dolce. E poi, ripetilo e ripetilo, ogni volta che ti capita. Costruirai così nuove e più sane abitudini!
- Cura il sonno. La sonnolenza diurna, è scientificamente dimostrato, è strettamente legata alla dipendenza da zucchero. Dormire almeno 8 ore consecutive in condizioni di rilassamento stimola la lucidità e la concentrazione e costituisce un fattore di protezione dal desiderio spasmodico di abbuffarsi di dolci.
- Cerca uno psicoterapeuta esperto in comportamento alimentare. Se da solo non riesci a spezzare il circolo vizioso della dipendenza da zucchero, se sono anni che combatti con questo problema e senti che sei al limite, CONTATTACI!
Affidati ad un professionista della salute mentale che possa aiutarti e sostenerti in un progetto ambizioso come il cambiamento definitivo del tuo stile di vita. Sarà il migliore investimento che possa fare per te stessa, per scardinare una volta per tutte i circoli viziosi da cui non riesci ad uscire.
dott.ssa Federica Majore
Psicologa, Psicoterapeuta, Psicoanalista dell’adolescente e dell’adulto
Terapeuta EMDR
Terapeuta del Comportamento Alimentare
Fonti
https://journals.lww.com/co-clinicalnutrition/Abstract/2010/07000/Neurobiology_of_food_addiction.3.aspx
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2235907/